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Matteo, piccolo utente del Centro Diagnostico, ride in braccio alla sua educatrice che batte le mani e gioca con lui. L'educatrice indossa camice monouso e mascherina chirurgica
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Alberto, un utente della Lega del Filo d'Oro, e un'operatrice ridono di gusto insieme.
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Andrea e Eleonora, due centralinisti della Lega del Filo d'Oro, sono fotografati mentre lavorano. Eleonora ha la cornetta del telefono appoggiata all'orecchio ed è seduta alla scrivania. Andrea sta lavorando al computer. Entrambi guardano verso la fotocamera.
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Una vista aerea del Centro Nazionale della Lega del Filo d'Oro di Osimo, una nuova grande casa per le persone sordocieche
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27
June
2021

Il modello residenziale della Lega del Filo d'Oro

Il modello della Lega del Filo d’Oro prevede l’integrazione della dimensione familiare in un contesto strutturato

Quattro persone, un numero sufficientemente piccolo per poter creare relazioni autentiche con tutti. Ognuno ha la propria camera, che personalizza secondo le necessità, e il suo bagno. Si condividono la cucina e il soggiorno, ma anche qui ciascuno ha il suo angolino, proprio come in una famiglia. Il modello che la Lega del Filo d’Oro ha scelto per i propri servizi residenziali è quello di una casa: una casa per la vita. L’idea centrale è che le persone con sordocecità e pluriminorazione psicosensoriale alla Lega del Filo d’Oro non trovino solamente dei servizi funzionali, ma un luogo in cui poter vivere bene.

La dimensione domiciliare è considerata a buona ragione quella ideale per le persone con disabilità, coerente con il principio di autodeterminazione come diritto di decidere dove e con chi vivere. Ma in molti casi di disabilità grave, la vita tra le mura domestiche non è possibile. Per questo la Lega del Filo d’Oro, in linea con questi principi, sin dall’inizio realizza un modello di accoglienza a dimensione familiare e inclusiva.

Il modello della Lega del Filo d’Oro prevede, quindi, l’integrazione della dimensione familiare dentro un contesto più strutturato, che riesce a garantire quei servizi di maggior specializzazione che la complessità della disabilità richiede, a cominciare da quelli sanitari. Non si tratta solo di una diversa organizzazione degli spazi, ma di un preciso progetto che, partendo dalla dimensione educativo-riabilitativa, si estende “per la vita”. Un modello che nasce da una valutazione dei bisogni, dal confronto con le migliori esperienze internazionali, dal dialogo diretto e continuo con le persone sordocieche e con le famiglie.