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Matteo, piccolo utente del Centro Diagnostico, ride in braccio alla sua educatrice che batte le mani e gioca con lui. L'educatrice indossa camice monouso e mascherina chirurgica
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Alberto, un utente della Lega del Filo d'Oro, e un'operatrice ridono di gusto insieme.
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Andrea e Eleonora, due centralinisti della Lega del Filo d'Oro, sono fotografati mentre lavorano. Eleonora ha la cornetta del telefono appoggiata all'orecchio ed è seduta alla scrivania. Andrea sta lavorando al computer. Entrambi guardano verso la fotocamera.
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Una vista aerea del Centro Nazionale della Lega del Filo d'Oro di Osimo, una nuova grande casa per le persone sordocieche
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Perché oggi il silenzio non ci fa più paura

Comunicare bisogni e desideri con i pittogrammi

Per i primi sei anni di vita non ha sentito un suono. Ovvio che l’impianto cocleare poi l’abbia spiazzata: «Imparare a vivere in un mondo affollato di rumori per lei non è stato semplice, le è servito tanto lavoro», dice la mamma.

Sara vive a Ruvo di Puglia, ha 20 anni e frequenta il terzo anno del liceo linguistico. È seguita dal Servizio Territoriale di Molfetta della Lega del Filo d’Oro e in particolare da molti anni al Centro fa musicoterapia e idrochinesiterapia: «Adora l’acqua, tant’è che per i suoi 18 anni abbiamo organizzato una grande festa in piscina. E ama la musica, la rilassa. Negli anni abbiamo imparato ad accettare che lei in certi momenti stacchi il magnete dell’impianto cocleare per immergersi per un po’ nel suo silenzio. È un suo diritto», dicono Rita e Raffaele, i suoi genitori.

L’incontro con la Fondazione per loro ha significato mettere dei punti fermi: «Solo con la Lega del Filo d’Oro, finalmente, si è dipanata quella matassa di informazioni e pareri spesso contraddittori sulle condizioni di nostra figlia e su cosa fosse meglio fare con lei». Sara, dal canto suo, alla Lega del Filo d’Oro ha fatto progressi enormi nell’esprimere bisogni e desideri: «A Osimo, durante i suoi trattamenti intensivi, ha imparato a utilizzare i pittogrammi. Ora li usiamo per indicarle le attività da fare, per coinvolgerla, per chiederle cosa preferisce».

Grazie a questa comunicazione lei ora non dipende più, per essere compresa, dall’abilità di chi le sta accanto di “interpretare” i suoi movimenti o le sue espressioni. Un grande passo, perché per Sara (come per tutti) non essere capita era davvero frustrante. Ma c’è di più, aggiunge mamma Rita: «Il percorso fatto insieme alla “Lega” non ci ha solo consegnato degli strumenti, ha cambiato anche il nostro sguardo su nostra figlia. Ora non vediamo più solo la ragazza da aiutare, ma vediamo Sara come persona: testarda, determinata, con le sue preferenze, abitudini, inclinazioni. È questo il dono più prezioso».