“Cerchiamo di essere felici”: è questa la frase che mamma Catia ha detto al suo Thomas quando lo ha visto appena nato. Una frase impensabile davanti alle condizioni di quel figlio che anni dopo si scoprirà avere la sindrome di Charge: eppure era una frase che proiettava una speranza, poi realizzata.
Perché adesso Thomas, nonostante le difficoltà date dai problemi di vista, di udito e dal ritardo nello sviluppo cognitivo, lavora per avere una vita autonoma, per essere sempre più indipendente e protagonista delle sue giornate.
Le passeggiate sulla “hug bike” (la bici degli abbracci, pensata per i ragazzi autistici) che permette al papà di coinvolgerlo nella sua passione per le due ruote, il nuoto, i viaggi fatti insieme alla famiglia, il centro di formazione professionale, sono tante tappe di un percorso difficile da immaginare quando lui era piccolino.
I sei organi colpiti dalla sindrome di Charge ancora poco conosciuta, possono manifestare problemi diversi da una persona all’altra, portando la disabilità determinata da questa patologia ad essere molto differente per ciascuna persona: inoltre quando Thomas è nato non esistevano ancora test specifici in grado di identificarla.
Eppure alla “Lega” prendono gli infiniti “no” con cui arrivano i bambini e i ragazzi come Thomas, li dipanano e li trasformano nel filo d’oro dei “sì”. E non è magia: è scienza. È amore per il proprio lavoro. È desiderio di trasformare la vita dei ragazzi e delle loro famiglie. Thomas è stato al Centro di Osimo per cinque volte, per poi essere seguito dalla Sede Territoriale di Padova. La mamma ricorda come accanto alla professionalità avesse trovato una straordinaria umanità, capace di scaldare il cuore di persone già così provate.
Si scopre allora che Thomas sente e vede soltanto a destra. Grazie alla diagnosi precoce e al lavoro che ne segue inizia a camminare, a parlare, a scrivere e leggere.
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Era un seme nascosto prima di arrivare qui: adesso è cresciuto e fiorito, nonostante tutto.
C’è ancora tanto da fare, per dargli fiducia e sostenere la sua autonomia. E c’è un pensiero segreto che accompagna i genitori di figli grandi che vivono la situazione di Thomas e altre ancora più complesse. Il pensiero di cosa accadrà a questo figlio amatissimo quando loro non potranno più prendersene cura.
E sei tu, ancora una volta, a poter fare la differenza: perché rendere Thomas autonomo non significa lasciarlo solo.
Significa camminare accanto a lui, fino a quando ce ne sarà bisogno.